FAI BUON VIAGGIO

c_2_articolo_3052130_upiimagepp
     Fabo, se ne è andato. Ha scelto di partire per sempre, di lasciare il buio nel quale era piombato tre anni fa, cieco e tetraplegico.
L’incidente gli aveva portato via tutto ma non la volontà, quella stessa volontà che gli ha fatto implorare la morte come fine delle sua atroce sofferenza.
Voleva andare via, e lo ha fatto con l’aiuto dell’associazione Luca Coscioni, l’hanno portato in Svizzera e lì gli hanno regalato  la morte che tanto implorava.
In Italia manca una legge, per morire devi espatriare, se non espatri muori ugualmente, solo più lentamente. E più lentamente porti con te chi ti ama, lo porti nel buio della sofferenza, lo porti ad affondare  nelle lacrime, a soffocare con te nel vomito della disperazione.
Mi piace pensare che Fabo abbia scelto la morte per dare la vita a chi gli accarezzava la fronte ogni giorno, abbia scelto la morte per dare la vita a chi aveva perso la speranza di una vita che contemplasse anche un solo sorriso.
Se Qualcosa c’è oltre le nuvole non può non volere la carità, non può non volere la possibilità di pensare un sorriso senza avvertire un opprimente senso di colpa.
Il mio pensiero oggi non è solo per DJ Fabo, è anche per la sua fidanzata Valeria.
Il suo principe azzurro l’ha liberata dalla torre d’avorio nella quale l’aveva rinchiusa tre anni fa.
Lei lo amerà per sempre e per sempre porterà il suo ricordo nel cuore.
Il dibattito è legittimo, la Chiesa deve poter esprimere la sua opinione, che tale deve rimanere.
Intanto Fabo vede la Luce e Valeria lo porterà nel sorriso che aveva dimenticato di avere.
Buon viaggio Fabo
Bentornata Valeria

Garbage in garbage out (G.C)

fullsizerender“Now, there’s one thing you might have noticed I don’t complain about: politicians. Everybody complains about politicians. Everybody says they suck. Well, where do people think these politicians come from? They don’t fall out of the sky. They don’t pass through a membrane from another reality. They come from American parents and American families, American homes, American schools, American churches, American businesses and American universities, and they are elected by American citizens. This is the best we can do folks. This is what we have to offer. It’s what our system produces: Garbage in, garbage out. If you have selfish, ignorant citizens, you’re going to get selfish, ignorant leaders. Term limits ain’t going to do any good; you’re just going to end up with a brand new bunch of selfish, ignorant Americans. So, maybe, maybe, maybe, it’s not the politicians who suck. Maybe something else sucks around here… like, the public. Yeah, the public sucks. There’s a nice campaign slogan for somebody: ‘The Public Sucks. F*ck Hope”

George Carlin

(1937-2008)

Ho visto Babbo Natale, credetemi!

snta

Si avvicina Natale, bisogna stare con gli occhi aperti, si sa. Potrebbe essere finalmente l’anno buono.Se poi le notti si fanno brevi tanto meglio, qualcosa da fare, nell’attesa, la si trova sempre.

Per esempio si può curiosare tra le pagine di Facebook.Scorrendo velocemente trovo qualche traccia di pietanze gustose e magistralmente impiattate, immancabili aforismi, stucchevoli apparizioni di poesie di Alda Merini (non se ne può più) qualche cartolina proveniente da viaggi esotici in periodo autunno-invernale, invettive a gogò sul nuovo governo, commenti sulle partite di campionato, sfottò sulle pietose performance della mia squadra del cuore, e molte, molte pagine di notizie per lo più provenienti da oltre confine.

I giornalisti stranieri hanno una virtù, raccontano i fatti e tralasciano quasi sempre i commenti. Leggendoli ci si aggiorna più velocemente e ci si “sporcano” meno le meningi. Il mio Facebook è per lo più una sorta di ANSA anzi di REUTERS.

Proprio lì tra le pagine del social più social di tutti che la scorsa notte l’ho incontrato. Era lui, proprio come l’avevo scolpito nella testa fin da bambino.

Una folta e bianca barba un paio di baffi lunghi e arricciati sul lati, gote rosse e occhiali tondi, paffuto, rassicurante, dolce come un batuffolo di zucchero filato, capelli bianchi e lunghi, il suo vestito poi, posso garantire, è davvero di panno rosso con i bordi bianchi e morbidi.Ma che ci faceva tra le pagine di Facebook?

Rilasciava una intervista video alla testata americana NBC. Ah!

Incredibile, ho pensato, è lui, uguale. Non c’erano le renne, però. Le avrà parcheggiate fuori, ho pensato.

Raccontava, con voce tonda e suadente della sua visita, straordinaria, ad un bambino di 5 anni che, molto malato, aveva capito che presto avrebbe salutato i suoi cari rapito da una malattia terribile e impietosa.

Ricevuta la lettera era accorso, abbandonando il frenetico lavoro di questi giorni, al capezzale di questo bimbo sfortunato, per un incontro privatissimo.

Raccontava del suo colloquio , del desiderio del piccolo amico di vederlo al più presto, della sua paura non tanto di morire ma di non arrivare al giorno di Natale, e di perdere così l’opportunità di riuscire a incontrarlo e sconfessare finalmente e per sempre scettici e miscredenti.

Mentre raccontava, una pausa, per aver il tempo di togliere gli occhiali tondi ed asciugarsi le lacrime che rigavano il volto.

Non riusciva a raccontare senza emozione che aveva appena fatto in tempo a consegnare il regalo che gli elfi avevano preparato in priorità assoluta, e che aveva insignito il bambino della qualifica di elfo di primo livello.

Il suo piccolo amico aveva chiesto di essere abbracciato e proprio tra le sue braccia, con un ultimo enorme sforzo aveva sorriso, chiuso gli occhi e si era addormentato per sempre. Solo, tra le sue braccia.

Pausa….

E’ difficile, spiegare, più facile invitarvi ad una pausa.

Un pausa per ricordare tutti noi che non c’è tempo migliore di quello speso per regalare il sorriso a qualcuno in difficoltà.

Non c’è tempo migliore di quello speso per ravvivare una speranza che vuole essere certezza, una ragione, una essenza di verità, una realtà personale che sa di sogno universale.

Non c’è tempo migliore di questo per ricordare che BABBO NATALE esiste davvero e a volte rilascia interviste in TV.

Ho visto Babbo Natale, era la notte di Santa Lucia.

Buone Feste,

Lapo, uno di noi

lapo15

Salvate il soldato Lapo

La storia di Lapo e del suo maldestro tentativo di giustificare con la sua famiglia  la cazzata del falso rapimento mi ricorda con nostalgia un episodio della mia infanzia.

Metà anni 70: potevo avere non più di 8-10 anni e mio fratello maggiore non più di 12-14.

Mio fratello aveva acquisito da mia madre, ex lassitudine, il privilegio di entrare in garage la sua Giulia 1300TI (targa LE 111614), una manovra di pochi metri e di estrema semplicità e rapidità.

Errore di valutazione:mai considerare un pre-adolescente capace di gestire situazioni più complesse di una moltiplicazione con la virgola.

In quella fredda e tarda serata d’inverno ci dirigemmo eccitati, invece di percorrere i pochi metri oggetto della concessione, verso un viale all’epoca deserto (il viale dell’Istituto Professionale, zona ospedale) dove a causa della poca padronanza del mezzo e della velocità sostenuta incontrammo un palo che non volle scansarsi dalla nostra direzione di marcia procurando un danno non devastante ma certamente non ignorabile al muso della macchina.

Pronti escogitammo un piano minuzioso: giacché ci era stato concesso il privilegio di entrare la macchina in garage, se per ventura il danno fosse occorso nelle more di cotale manovra, non saremmo stati considerati colpevoli e la responsabilità sarebbe stata attenuata dal senso di colpa ricaduto sulla nostra irresponsabile madre.

Per completare il diabolico progetto, decidemmo di demolire con un piccone una parte del garage di casa per giustificare il malefico nesso di causalità: scarsa padronanza del mezzo e della frizione, parete irremovibile dell’autorimessa, danno al paraurti: elementare Watson!

Neanche a dirlo la parete che cercavamo di danneggiare si presentava di un solido cemento armato, quasi impossibile da scalfire.

Dopo un po’ decidemmo di desistere e ritenemmo che il danno procurato al muro fosse sufficiente al confermare il nostro alibi di ferro.

Tornammo a casa e raccontammo “spaventati” l’accaduto a mia madre che dapprima si accertò che fossimo usciti incolumi dall’episodio e successivamente si recò a verificare con mio padre lo stato dei fatti…, purtroppo per noi, i fatti per loro erano più chiari delle nostre spiegazioni, quei fatti dissero loro che….alla fine degli anni 70 non c’era telefono azzurro…

intelligenti pauca.

Ora veniamo a Lapo.

Tralasciando i suoi orientamenti sessuali e le sue pericolose dipendenze, sono affari suoi e della sua famiglia, o meglio quello che rimane della sua famiglia, Lapo appare, ahilui, ancora un adolescente rincretinito, tanto quanto lo fummo io e mio fratello qualche decennio fa.

A noi fu concesso negli anni ’70, con estremo slancio di fiducia e con una certa dose di incoscienza, di far percorrere ad un auto 10 metri a motore acceso, a lui è stato concesso 40 anni dopo di disporre di un conto corrente capiente oltre il necessario per comprare giornalmente le sigarette e tre caffè.

Non giudichiamo il quarantenne Lapo, in fondo la differenza tra lui e noi è che il muro del suo garage è crollato completamente, in fondo la sua cazzata non era più grossa della nostra.

A pensarci bene un vantaggio però ce l’ha, eccome: oggi esiste Telefono Azzurro.

Chi vince, chi perde?

1474295866-clinton-trump
Si è conclusa  finalmente la maratona  per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. Oggi sapremo chi vincerà e sarà il nuovo Presidente a stelle e strisce.Senza però attendere i risultati ufficiali e con un filo di presunzione, potrei affermare di conoscere già chi ha perso.
Raccolgo la ragionevole certezza dal serbatoio della pratica di quel paese frequentato per diverse ragioni nel corso degli ultimi 20 anni (già 20 anni).
La mia ultima recente visita mi ha ritornato l’immagine di un paese rigoglioso a prescindere, desideroso e capace di primeggiare ma … ignorante oltre ogni misura.
Ignorante, non certo nella accezione più comune di scarsa cultura, su quello mi riservo di considerare, se me lo consentirà, in altra occasione, ignorante invece  in un’accezione più generale di scarsa conoscenza.
Il dunque è, che l’americano medio ignora, ignora qualsiasi cosa che non si rilevi a due centimetri dal naso, qualsiasi cosa che non abbia un impatto immediato e dimostrabile, qualsiasi cosa che esuli dal circolo amabile della sua presunta immensa libertà di agire o fare.
Ignora quindi di aver accettato di eleggere una donna come presidente, per il sol fatto di essere donna, a prescindere dalle sue dubbie qualità politiche o professionali, moralizzatrice in casa altrui, non altrettanto in casa sua ai tempi dei sigari”profumati” che il marito usava assaporare nel suo studio ovario, ops.. pardon, ovale.
Ignora, questo popolo, di poter-dover eleggere un uomo come presidente, per il sol fatto di avere qualche miliardo di dollari sul conto corrente, ma incapace di proferire un solo paragrafo di un programma che guardi avanti e non indietro di qualche millennio.
Ecco, questo è il paese.
Due numeri.
Possono votare circa 220 milioni, ma voteranno non più del 50%.
Nella maggioranza degli Stati, se al posto di H.R.Clinton e D.J.Trump si fossero candidati Paperina e Paperone (i nomi non sono scelti a caso) la vittoria a questo o quel partito non avrebbe subito variazioni, e.g.  California democratica, Texas Repubblicano.
Rimangono il 25% dei voti. Praticamente 30.000.000 di votanti decideranno le sorti di più di 340 milioni di persone e probabilmente condizioneranno la politica economica ed estera dell’intero pianeta e quindi di qualche miliardo di persone.Viva la democrazia.
Allora? Chi perde?
Perdono tutti quelli che devono votare a loro avviso per il male minore, perdono tutti quelli che comprendendo la devastazione di un paese ignorante non riescono a cambiare le regole della democrazia e meritarsi di eleggere un presidente che non sia solo ricordato per un record (negativo).
Barack Obama sarà ricordato solo per essere stato il primo presidente nero, i suoi numeri da leader infatti  sono impietosi, prima di lui G.W.Bush, suo il record per essere stato il primo presidente USA ad aver subito un attacco sul suolo americano dai tempi di Pearl Harbour, ancora indietro Bill Clinton, recordman per essere riuscito dopo il presidente Johnson, nel 1868, a farsi sottoporre al procedimento di impeachment (stato di accusa); etc etc.
Sarà record anche se vincerà Donald Trump, primo presidente eletto in forza del suo conto corrente, ma con un dichiarazione dei redditi che riporta perdite per quasi un miliardo di dollari e che potrebbe non fargli pagare tasse federali per i prossimi 15 anni.
Previsione 2020? troppo facile Michelle Obama, record per essere la prima donna-nera candidata presidente. In fondo la Casa Bianca è sempre stata una questione di famiglia.
Chi vince, chi perde.
Ad Maiora.

L’architetto e l’altalena

vietato_fumare

Ore 13 suona la campanella, il bel clima aiuta e allora tutti al parchetto di fronte la scuola per 15-20 minuti di “scarico”post banco.

Il nostro parco, prospiciente la Scuola Elementare, è chiamato Villetta, è sempre stato così e credo sempre lo sarà.
Dopo anni di fatiche è diventata un luogo più che decente: altalene, scivoli etc sono nuovi e un utile pavimento antishock cerca di limitare i danni delle inevitabili cadute.
E’ bello vedere i bambini giocare, osservandoli capisci molto del loro mondo e dei loro genitori presenti.
Da qualche tempo, in villetta, sono stati installati alcuni giochi adatti anche a bimbi meno fortunati, quelli che i “normodotati” chiamano bambini con dis-abilità.
Peccato però che, alcuni di questi giochi a volte cadano sotto la furia dei bambini più fortunati e quindi rimangano inagibili per qualche periodo, privando i fruitori designati di una possibilità di svago e di un momento di spensieratezza. La nostra villetta non è beninteso un vero parco inclusivo, un parco cioè interamente ideato e progettato per far ricreare tutti i bambini, più o meno fisicamente abili, contemporaneamente sulle stesse attrazioni, è solo un parco dove sono stati inseriti alcuni giochi adatti ai meno fortunati. E’ già un buon passo, però, e un segno di civiltà sia averli installati che il tentativo di tenerli in buona efficienza.
Non avendo già da tempo un custode, l’attività di controllo è delegata agli adulti presenti e al buon comportamento dei bambini.
Solo questa mattina uno di questi giochi era ritornato fruibile, dopo qualche giorno di forzata inattività (era rotto),e, quando ho visto che un nutrito gruppo di bambini, incluso mio nipote, lo usava non certo con cura, sono intervenuto invitandoli paternamente a utilizzarne degli altri e rispettare i bisogni dei meno fortunati. Necessario precisare che nessun bambino con dis-abilità era presente tra di loro.
Allontanatomi, venivo raggiunto da una Signora, che presentatasi come Architetto (Architetto non come Rossi o Bianchi, Architetto come Arch.) mi chiedeva se fossi stato io a far scendere suo figlio dalla giostra. Le rispondevo che, sebbene non sapessi chi fosse suo figlio, ero stato io a consigliare per il meglio i bambini, tra i quali anche mio nipote.
La Signora, pardon Architetto, polemizzava fumantina che giammai avrei dovuto permettermi di obbligare suo figlio a scendere da alcuna giostra perché lei e solo lei, avrebbe avuto il diritto di farlo, qualora lo avesse ritenuto opportuno, e che quella circostanza non necessitava di alcun tipo di intervento da parte di un adulto perché tutti i giochi erano utilizzabili senza distinzione di abilità fisica.
Iniziava così una pseudo dissertazione sul giochi inclusivi, asserendo di essere progettista di tali strutture.
Cercavo quindi di spiegare, pur non essendo Architetto e non essendomi qualificato con nessun titolo accademico, che è inclusivo ciò che include e non ciò che esclude, e che il non corretto utilizzo delle attrazioni avrebbe in futuro escluso i bambini più bisognosi dal loro utilizzo. Lapalissiano lo so, ma l’Architetto, pareva più interessata a dispensare verbalmente il suo biglietto da visita che a recepire il mio ragionamento.
Spiegavo, che forse aveva frainteso il significato della parola inclusivo, e che la fattispecie obbligava suo figlio, cioè lei, l’Architetto, a preservare quei giochi per fare in modo che i bambini con dis-abilità avessero potuto trovare l’attrazione sempre fruibile. Insegnare ai nostri figli, qualunque il grado di abilità fisica, a relazionarsi con gli altri e rispettarne i loro bisogni significava essere inclusivi.Giocare con un dis-abile su una giostra significa essere inclusivo, sfasciargliela prima che lui possa utilizzarla è essere esclusivo.
Macchè, niente un muro. Un muro di cemento che ho preferito abbandonare per evitare di alzare i toni della discussione, anche perché mia figlia cominciava ad adombrarsi e a guardami preoccupata. Un muro di cemento alzato da una mamma innamorata più del suo titolo accademico che dell’esempio da dare al figlio. Una mamma seppellita dalla teoria dei libri universitari letti male o capovolti da una ideologia demente.
Ora io vorrei rivendicare a nome di tutti i bambini in difficoltà il diritto di essere i soli titolati a rompere un’altalena progettata per i loro bisogni e che nessun altro possa usurpare loro questo sacrosanto diritto.
Si proprio così: facciamo giocare i nostri figli e diamo a tutti loro la stessa possibilità di sbagliare, solo così potranno crescere sani senza nascondere la loro miseria dietro un titolo accademico, che è poi a pensarci bene la vera disabilità.